Le piace definirsi “inarrestabile”. Ebbene sì, Clorinda Mundeling, donna forte e tenace nel cercare di raggiungere i suoi obiettivi, racconta l’inizio della carriera e l’amore per il circo che è diventato per lei uno stile di vita. Clorinda offre alcuni interessanti spunti di riflessione su questa meravigliosa arte. Dall’esibizione con gli hula hoop e sino all’ingresso in gabbia con le tigri del Bengala, la zia Clò, così chiamata dai più piccoli, racconta in questa intervista “senza filtri” la vita di artista del circo.
Ci racconti come hai iniziato la carriera di circense?
“Avevo 23 anni ed è iniziata quasi per gioco. Mi chiamarono per ‘sostituire’ un’artista, mia amica, che si era sposata per poi lasciare il circo di famiglia ed unirsi a quello del marito”.
Come ti definiresti con un aggettivo?
“Inarrestabile”.
…c’è stata una persona a te vicina?
“All’inizio del mio lavoro nel circo ero sola. Ho preso i miei hula hoop e con la roulotte Tabbert sono partita all’avventura. Nel primo circo in cui ho iniziato, da autodidatta, la mia esperienza, ho conosciuto Carl che poi sarebbe diventato mio marito. Per oltre 18 anni, anche se a volte fisicamente distante, mi è sempre stato vicino, sostenendomi in ogni mio progetto. Da circense esperto e con una tradizione di famiglia, Carl mi ha dato sempre saggi consigli”.
Com’è Clorinda nella vita di tutti i giorni?
“Mi verrebbe da dire che dipende dai giorni e dalle persone che incontra. Può essere la più simpatica vicina di casa o il peggior uragano che, dove passa, lascia dietro di sé solo desolazione!”.
E, invece, come artista?
“Lascio agli altri valutare. Mi piace sempre mettermi alla prova e cercare di avere nuovi obiettivi da raggiungere. Ma bisogna rimanere con i piedi per terra perché, si sa, la grandezza di un artista si vede soprattutto dalla sua umiltà”.
Cosa ti piace del tuo carattere? Cosa miglioreresti?
“Mi piace pressoché tutto del mio carattere, difetti inclusi. A volte sono molto esigente con me stessa perché sono alla ricerca della perfezione. Quando poi vedo che gli standard sono molto lontani dall’idea di perfezione me la prendo con me stessa… cosa posso farci? Ecco, questa sono io! Vorrei poter essere meno prevenuta e diffidente, ma le circostanze della vita e l’attuale sistema in cui viviamo mi hanno portato ad esserlo. Non so se ci sia modo di fare ‘marcia indietro’. Quando mi trovo in una situazione ‘ideale’ o con delle persone con cui sono a mio agio, mi viene da pensare dove sia la ‘fregatura’”.
Ci racconti qualcosa in piu’ sulle tue esibizioni?
“Ho esordito nel mondo del circo con i miei mitici hula hoop. Poi, siccome un’amica aveva un cerchio aereo inutilizzato, le ho chiesto di poterlo usare. Così ho dato inizio al mio secondo numero. A distanza di anni ho realizzato un altro desiderio, cioè quello di esibirmi con il mio animale preferito, il maiale, e fare vedere a tutti cosa può fare questo animale così intelligente. Durante il periodo Covid, sempre da autodidatta, ho messo insieme una sequenza di esercizi di pole dance. Da circa un paio di anni, ho fatto l’ingresso in gabbia portando avanti il numero di Carl con le nostre tigri. Dico spesso che i miei unici momenti di gioia sono quelli trascorsi nella pista durante le esibizioni e non mi stancherò mai di ripeterlo perché quei pochi minuti salvano delle intere giornate nere. Come nella vita, anche rispondendo a queste domande, mi piace essere sincera e devo ammettere che ultimamente (causa troppe preoccupazioni e un po’ di stress accumulato negli ultimi due anni) faccio fatica anche a ritrovare la felicità in quei minuti trascorsi in pista. Ma sono sicura che questo stato d’animo passerà presto perché il circo era ed è il lavoro dei miei sogni”.
Come descriveresti il mondo del circo?
“Un condominio itinerante: sono passata dal vivere in un condominio con fondamenta in cemento al vivere in un altro condomino, ma su quattro ruote”.
Cosa ti piace di piu’ di questo mondo e cosa cambieresti?
“Mi piace il concetto di movimento, cambiamento, avere sempre nuovi vicini di casa. Addormentarsi sempre sotto un cielo diverso e pensare ‘oggi sono qui e domani chissà’. Invece, cambierei la ‘modernità’, concetto da estendere anche fuori dall’ambito circense. Sarebbe bello tornare a vedere numeri come quelli degli anni ‘50/’60/’70 dove gli artisti dedicavano la loro vita (e talvolta anche la salute) alle prove e alle esibizioni perché ciò che fanno in pista li ha sempre distinti dal resto del mondo. Sempre senza ostentare. Sarebbe bello poter tornare indietro almeno di una ventina di anni quando i circhi erano veramente una grande famiglia e quando, anche se pochi chilometri dividevano un circo da un altro, ogni scusa era buona per fare diventare una serata qualsiasi un’occasione di festa. Se si tornasse a queste condizioni allora sì che il circo sarebbe il luogo perfetto!”.
Hai lavorato in più circhi. Come hai vissuto queste esperienze?
“Lavorando in diversi circhi, e in più nazioni, ho avuto l’opportunità di conoscere tantissime persone e da ognuna di esse ho imparato qualcosa. Ho visitato luoghi meravigliosi che da piccola vedevo solo in televisione; mi sono ‘impossessata’ delle spiagge più belle d’Europa; ho imparato un paio di lingue straniere in più rispetto a quelle che già conoscevo; la curiosità mi ha sempre spinto a visitare i luoghi che mi ospitavano ed a scoprirne la storia, la cultura e le tradizioni”.
Il ricordo più bello sino ad oggi?
“Ne ho più di uno. I ricordi si riferiscono sicuramente ai bambini che, ad esempio, ti fermano alla cassa del supermercato per chiederti se gli animali (chiamandoli anche per nome) stanno bene e cosa stanno facendo in quel momento; ti portano i disegni del circo e dello spettacolo dicendo ‘ho avuto il permesso della mamma per stare sveglio fino a tardi per finire il disegno prima che il circo va via’. Ricordo ancora con emozione l’incontro al circo con una bambina che voleva stare sempre accanto a me e che mi disse ‘Zia Clò, io da grande voglio essere come te’. La mia risposta fu ‘tu sarai migliore di me’. A distanza di 15 anni, quella bambina è diventata una grande artista e a breve conseguirà la laurea”.
Invece, qual è stata la soddisfazione più grande?
“Aver fatto del circo il mio stile di vita. Ho realizzato un sogno che avevo da quando ero piccola. Molti bambini dicono ‘da grande farò il calciatore, l’attrice oppure il dottore’ e pochi sono quelli che realmente ci riescono. Io ce l’ho fatta!”.
Com’è il pubblico del circo?
“Il pubblico cambia in base al territorio che ti ospita: in alcuni paesi o città è più ‘composto, in altri decisamente più ‘chiassoso. E’ però in grado di trasmettere sempre un calore unico. Quello che forse oggi rattrista un po’ è che alcuni spettatori anziché godersi uno spettacolo dal vivo, e questo vale non solo per il circo ma per il teatro ed i concerti, continuano ad usare il telefono. E’ un vero peccato”.
Quali sono gli obiettivi per il futuro?
“Mi piacerebbe riprendere a fare i miei hoops in staffa e fare girare un hula hoop stando in verticale. Per il resto continuerò a prendermi cura dei miei animali (loro vengono prima di tutto) magari ingrandendo la famiglia”.
Infine, a chi vorresti mandare un messaggio?
“Vorrei indirizzarlo a più persone.
A mamma Draga vorrei dire di non continuare a sperare che io possa tornare a casa. Non è possibile, non c’è posto per i miei animali. E poi non voglio che i vicini brontolino perché le tigri fanno rumore dopo le 10 di sera…
A Carl (che sicuramente sta leggendo questa intervista da lassù) vorrei dire che ogni volta che ho una giornata no, ogni volta che incontro un ostacolo, ricordo quello che lui mi hai detto prima di lasciare il circo: ‘tu sì che ce la farai, andrai avanti perché sei forte!’. Grazie Carl per queste parole di incoraggiamento.
A tutti coloro che in passato mi hanno detto ‘tu non sarai mai un’artista del circo come noi’ vorrei rispondere ‘cosa avete da dire ora?’.
A una persona che ho incontrato in un momento abbastanza particolare della mia vita direi: ‘posso raggiungere qualsiasi obiettivo che mi propongo, posso lavorare nei luoghi più belli del pianeta, posso arrivare a lavorare con venti tigri in pista ma… a cosa serve tutto ciò se, una volta chiusa la porta, non hai nessuno con cui condividere queste gioie?’”.
Daniele G. Masciullo